La sfinge egizia è la combinazione di un corpo di leone e una testa di re. Tali elementi, caratterizzanti la sfinge, sono maschili. Per tale motivo la sfinge egizia, a differenza di quella greca, era considerata un essere maschile. Nella simbologia più antica il leone è associato alla rappresentazione del dio del sole. Per questo la sfinge rappresenta il re trasformato in dio-sole. L'esempio più antico è costituito dalla maestosa sfinge di Giza, la cui creazione viene attribuita al costruttore della seconda piramide, il re Chefren. Il suo nome è Har-em-akhet (il greco Harmakhis), cioè "Horo all'orizzonte (o terra della luce)". Come un guardiano sovrannaturale si erge dinanzi al gruppo di piramidi di fama mondiale. Un'altra forma nota è costituita dai viali di sfingi dinanzi ai templi. Nel tempio di Karnak, che è consacrato ad Amon di Tebe, le sfingi hanno teste di ariete invece che regali. Con ciò si voleva rappresentare la natura di Amon-Ra, il dio dinastico del Nuovo Regno: l'unione del dio della città di Tebe, la cui forma animale è l'ariete, con il dio del sole. Accanto al motivo della sfinge distesa appare anche la sfinge in azione: sotto questa forma, il re distrugge i suoi nemici. Dal Medio Regno si sono conservati nelle sfingi eccellenti ritratti regali. Un magnifico esempio è la testa di Vienna di Sesostri III (XII dinastia; cfr. fig. ? [Inv.-Nr. 5813]). Anche se non si è conservata nessuna iscrizione, dalla quale si potesse desumere il nome, il personaggio rappresentato può essere spesso identificato secondo criteri stilistici, e secondo la stilizzazione del ritratto. Sulla base di un volto ben conservato, si può risalire all'epoca nella quale l'opera è stata prodotta. Nel caso di questa sfinge, si tratta di un ritratto fortemente idealizzante, cosicchè l'identificazione con un re ben preciso resta incerta. Tuttavia deve trattarsi di un sovrano appartenente alla fioritura tarda dell'arte egizia, cioè intorno al IV secolo a.C., fra la dominazione persiana (XXVII dinastia, 525-404 a.C.) e quella tolemaica. Nella più probabile delle ipotesi bisogna pensare a Nectanebo I(380-362 a.C.), di cui costituirebbe una realizzazione molto matura del ritratto idealizzato. La collezione viennese comprende anche una serie di undici sfingi di calcare risalenti più o meno allo stesso periodo. Esse facevano parte di un lungo viale di sfingi dinanzi al Serapeo (il luogo di sepoltura dei tori Apis) a Saqqara e sono state fabbricate probabilmente sotto Nectanebo II (360-342), ma forse anche già sotto Nectanebo I. Tutte le sfingi egiziane sono monumenti regali. Nel nostro caso l'iscrizione va però in un'altra direzione. Essa è bipartita, e ambedue le parti iniziano al centro della parte anteriore della base e vanno verso quella posteriore, una da destra e una da sinistra. Purtroppo sul lato sinistro della base l'iscrizione è andata perduta.
Parole da dire da parte di questa sfinge: "O Osiride, principe ereditario e sovrano, profeta e ufficiale Wah-ib-ra, nato dalla signora della casa Techuwat Io proteggo la tua tomba, allontano (i nemici) dalla tua camera sepolcrale, respingo gli empi dal tuo sarcofago. Io abbatto i nemici facendone strage, allontano il male dalla tua tomba, distruggo i tuoi avversari sul luogo d'esecuzione. Io li rinchiudo e mai di nuovo (?) potranno uscire fuori dal loro corpo, mai!"
Bibliografia
Kunsthistorisches Museum (KHM). Führer durch die Sammlungen. Wien. 1988.
Satzinger, H., Das Kunsthistorische Museum in Wien. Die Ägyptisch-Orientalische Sammlung. Zaberns Bildbände zur Archäologie 14. Mainz. 1994.
Satzinger, H., Ägyptisch-Orientalische Sammlung Kunsthistorisches Museum Wien (museum), Braunschweig (Verlag Westermann), 1987.
Rogge, E., Statuen der Spätzeit (750-300 v. Chr.). Corpus Antiquitatum Aegyptiacarum (CAA) Wien 9 (1992), 117-124.
Jaros-Deckert, B. & Rogge, E., Statuen des Alten Reichs. Corpus Antiquitatum Aegyptiacarum (CAA) Wien 15 (1993), 2, 7.